Forni industriali: l’analisi dei combustibili

I combustibili che vengono ad essere utilizzati per i forni industriali e le caldaie sono delle sostanze solide, liquide o gassose che possono combinarsi in maniera molto rapida con l’ossigeno contenuto nell’aria.

Le componenti essenziali sono diverse: per quel che concerne i calorifici bisogna assolutamente citare il carbonio e l’idrogeno, in combinazioni diverse, mentre in relazione agli inerti si sfruttano l’azoto e l’anidride solforosa. Nell’analizzare questi stessi combustibili, occorre prendere in considerazione una serie di fasi. La prima di esse è la presa del campione: in questo caso, i combustibili fossili vengono prelevati su una superficie piana di pietra o legno, per passare poi alla riduzione in piccoli pezzi.

Ottoni, bronzi e leghe leggere

Nel trattamento termico dei materiali non ferrosi, uno dei discorsi principali si riferisce ai cosiddetti ottoni.

Il sistema rame-zinco può dar luogo infatti alla formazione di tre fasi distinte: la prima di esse è una soluzione solida con dei cristalli faccia-centrati, con un colore che può essere rossastro ma anche giallo tendente al verde, a seconda ovviamente di quello che è il contenuto del rame. Si tratta per l’appunto di una soluzione malleabile e a freddo, volendo essere ancora più precisi. Ciò nonostante, questa fase si forma all’inizio della solidificazione degli ottoni stessi. La seconda fase consiste invece in una soluzione solida che contiene almeno il 37% di zinco e che conferisce al metallo una maggiore durezza.

Macchine speciali: i torni a torretta

I torni a torretta sono solitamente impiegati nelle lavorazioni di piccola e media serie.

I vari utensili che sono montati sulla torretta girevole, definita anche come “revolver”, vengono poi portati in posizione di lavoro mediante delle rotazioni susseguenti: queste ultime vengono comandate a mano, proprio dalla torretta. Inoltre, ogni montaggio o smontaggio di utensili per le singole operazioni viene a essere eliminato, così come è eliminata ogni necessità di controllo delle dimensioni durante la lavorazione, visto che si prestabilisce la posizione degli utensili sulla torretta e si delimita il loro avanzamento attraverso l’ausilio di arresti.

Le caratteristiche dei materiali magnetici

Nella trattazione dei materiali magnetici è sempre necessario distinguere il materiale che viene usato nei circuiti magnetici in cui il flusso non varia e quello sfruttato nel circuito il cui lo stesso flusso varia con una legge periodica.

Ad esempio, nei poli e nei gioghi della statore di una macchina a corrente continua, il flusso non è di tipo variabile, mentre nel rotore lo è con una determinata frequenza. Nel primo caso si usano tipicamente il ferro e l’acciaio massiccio, mentre nel secondo sono senz’altro più indicati i pacchi di lamiere. Se il flusso non varia, inoltre, bisogna anche avere una conoscenza molto approfondita della permeabilità magnetica; con la legge periodica, al contrario, occorre conoscere bene i coefficienti di perdita delle formule di Steinmetz.

Tecnologia delle costruzioni: i materiali isolanti

I materiali isolanti assumono rilevanza quando si parla della tecnologia delle costruzioni elettromeccaniche.

Si utilizzano, infatti, dei prodotti naturali e artificiali, di origine organica o mista: le sostanze di più comune impiego sono comunque diverse, ma tra di esse possiamo ricordare sicuramente la mica, l’amianto, le fibre tessili, la carta, le resine naturali, gli oli minerali e vegetali, i bitumi, il caucciù e la guttaperca. Molto interessante, poi, è capire in che modo questi stessi isolanti sono costituiti. La struttura tipica prevede diversi elementi: ad esempio, c’è la micanite, vale a dire delle scaglie sottili di mica, pressante a caldo con gomma lacca.

I processi più diffusi per la protezione dei metalli

Come è possibile evitare la corrosione delle superfici metalliche?

I sistemi protettivi si dividono solitamente in quattro categorie: termici, meccanici, elettrolitici e chimici. Per quel che concerne le operazioni preliminari, bisogna anzitutto provvedere alla sgrassatura e alla pulitura. In alcuni casi, comunque, si può anche invertire l’ordine dei trattamenti, tutto dipende ovviamente dal tipo di lavoro con cui si ha a che fare. Per la sgrassatura si usa il metodo chimico o quello elettrochimico; con il primo si utilizzando appunto dei solventi, mentre con il secondo l’elettrolisi e delle soluzioni alcaline. In questo secondo caso, in particolare, la sgrassatura avviene attraverso la saponificazione o l’emulsione, a seconda del tipo di grasso.

Il trattamento termico delle ghise

Sulle ghise ordinarie si effettuano in larga misura delle operazioni di ricottura.

Gli obiettivi e gli intenti sono abbastanza intuibili: in effetti, si punta soprattutto a rendere malleabili i getti di ghisa bianca e quelli di ghisa grigia, in parte induriti per la formazione di cementite, la quale tende a formarsi dal raffreddamento troppo rapido delle parti di getto sottili e poco protette dal punto di vista termico. L’addolcimento, inoltre, si ottiene trasformando la cementite in ferrite e grafite, oppure ancora in perlite e grafite, in modo che la nuova struttura possa presentare una sufficiente dolcezza e una buona lavorabilità. Le ghise speciali al cromo, al nichel e alla manganese si prestano tanto ai trattamenti di bonifica quanto a quelli di tempra di durezza, visto che c’è un notevole ridimensionamento della velocità della tempra stessa.

Le strozzatrici e le spinatrici industriali

Le strozzatrici e le spinatrici hanno dei nomi che possono sembrare un po’ bizzarri, ma la loro utilità industriale è davvero importante.

Per quel che concerne le strozzatrici, il movimento rettilineo alterno di lavoro che viene dato all’utensile è di tipo verticale: il pezzo che viene lavorato riceve poi un avanzamento, il quale può essere longitudinale, trasversale e circolare. Tali macchine sono sicuramente le più adatte per l’esecuzione di taglio di chiavette nei mozzi, nelle spianature verticali, nelle piallature di superfici di rivoluzione a profilo diverso e quant’altro. Le caratteristiche principali sono presto dette, vale a dire la distanza orizzontale del porta-utensile dall’incastellatura, la distanza massima verticale tra il porta-utensile e la tavola, la potenza e il numero doppio di corse.

Le macchine impiegate nella foggiatura

Nell’ambito delle lavorazioni plastiche e del taglio delle lamiere possiamo includere anche la tecnica della foggiatura.

Vi sono, poi, delle macchine che vengono impiegate a tal proposito e che rendono le operazioni più semplici e precise: i magli sono una di queste. Si tratta, nello specifico, di macchinari che agiscono per urto, con la mazza che nella caduta acquista una energia di moto, la quale si trasforma successivamente nel cosiddetto lavoro di deformazione, con un conseguente sviluppo di calore. Inoltre, si producono anche vibrazioni con l’incudine. C’è comunque da precisare che i pezzi che devono essere fucinati necessitano di una sezione adatta alla corsa disponibile della mazza: in questo caso, dunque, la dimensione massima della barra in lavoro è pari a un quinto della corsa.

Macchinari industriali: le molatrici e le rettificatrici

Tutte quelle macchine che impiegano come utensile le mole possono essere suddivise in quattro distinte categorie, a seconda del grado crescente della precisione.

Si tratta, nello specifico, delle molatrici semplici, delle affilatrici, delle rettificatrici e delle macchine finitrici e superfinitrici: analizziamo nel dettaglio ognuno di questi mezzi. Per quel che concerne le cosiddette “molatrici semplici”, esse eseguono dei lavori in cui non sono necessarie dimensioni a forma definita. Il tipico utilizzo si riferisce alle sbavature e alle lucidature delle superfici, oltre all’affilamento degli utensili manuali e dei coltelli. A loro volta, queste molatrici possono essere suddivise in base alla lucidatura dei metalli, al doppio telaio che possono possedere e all’albero flessibile.