Chimica industriale: il fosgene

Il fosgene, detto anche cloruro di carbonile o ancora ossicloruro di carbonio, è il composto chimico che può essere considerato come un importante derivato dell’acido carbonico per sostituzione dei due ossidrili con il cloro. Esso si ottiene a livello industriale per azione del cloro stesso sull’ossido di carbonio in presenza di carbone animale alla temperatura di 180-200 gradi, oppure, in alternativa, facendo sgocciolare l’acido solforico fumante (oleum) sul tetracloruro di carbonio, riscaldato a sua volta a circa settanta gradi. Si tratta di un gas incolore e che presenta un lieve odore di muffa, senza dimenticare che può essere liquefatto in maniera piuttosto agevole.

Tra l’altro, un litro di fosgene che viene liquefatto è in grado di sviluppare qualcosa come 227 litri di gas a zero gradi e 760 millimetri di mercurio. Il problema di questo composto è la sua alta tossicità e velenosità, visto che produce in particolare delle lesioni molto gravi ai polmoni. In aggiunta, l’aria che ne contenga anche solo 2,5 parti su diecimila è considerata irrespirabile. Quando si unisce all’acqua, inoltre, il fosgene, specialmente a caldo, tende a decomporsi in acido floridrico e anidride carbonica. Di solito viene messo in commercio in stato liquido, ma anche in bombole di acciaio e perfino in una apposita soluzione nel toluolo al 20%.

Il composto in questione viene utilizzato nella preparazione industriale di alcuni coloranti organici sintetici e di prodotti medicinali sintetici. Esso può però servire anche per ottenere la disgregazione di minerali, soprattutto le terre rare. La storia ha raccontato che fu molto sfruttato in tempo di guerra: in effetti, si trattava di una soluzione bellica tipica e pericolosa, dato che il fosgene veniva impiegato come gas tossico asfissiante, misto a cloro o ad altre sostanze tossiche. Insomma, la velenosità è stato purtroppo un marchio di fabbrica, alla base di numerose proteste da parte di cittadini e famiglie.