La classificazione delle materie plastiche

Il termine “materie plastiche”, come anche quello di resine artificiali, ricomprende un lungo elenco di materiali di cui bisogna prendere in considerazione le principali caratteristiche tecniche e progettistiche.

In particolare, le differenze più importanti sono relative alle modalità di preparazione, di lavorazione, di confezione degli articoli finiti, della quantità e della dosatura degli ingredienti incorporati e molto altro. La prima grande categoria è quella delle resine fenoliche: il fenolo proviene dal catrame di carbon fossile, mentre un altro materiale di partenza è la formaldeide, ricavata principalmente dall’alcool metilico. La carica maggiormente sfruttata è la farina di legno, ma non si disdegnano nemmeno la grafite e le fibre tessili; gli impieghi principali, poi, sono quelli relativi ai rivestimenti di bar e lavandini e i banchi da laboratorio.

La seconda categoria di riferimento è quella delle resine ureiche. In questo caso, si parte appunto dall’urea, vale a dire una sintesi ottenuta dall’anidride carbonica e dall’ammoniaca: le resine tendono a essere rigide e termoindurenti, quindi il loro uso è consigliato soprattutto per le ruote dentate, i pezzi di macchine e i telefoni. La resine cellulosiche, invece, devono il loro nome alla celluloide; quest’ultima e l’acido nitrico-canfora sono i due principali materiali di partenza, con la possibilità di lavorare la resina stessa alle macchine utensili. Nell’ambito delle resine viniliche bisogna invece distinguere tre prodotti, vale a dire il cloruro di polivinile, il copolimero cloruro-acetato polivinilico, il polistirolo e il metilmetacrilato (impiegato per i vetri di sicurezza delle automobili o degli aerei).

Le ultime due categorie sono quelle delle resine caseiniche e dell’ebanite. Nel dettaglio, la caseina viene ricavata dal latte, quindi si ottiene una resina rigida e che può essere molto dura e resistente, mentre l’ebanite (gomma e zolfo sono i materiali di partenza) prevede l’impiego di acceleranti della vulcanizzazione e delle cariche diverse, in primis il cosiddetto “nero fumo” e le cariche minerali.