Cosa succede alle turbine eoliche di seconda mano?

220px-DeWind_D4Uno studio commissionato dallo Scottish Natural Heritage potrebbe suggerire delle nuove linee guida per quel che concerne la gestione delle vecchie e inutilizzate turbine eoliche. La ricerca in questione è andata ad approfondire il momento in cui tali impianti vengono messi fuori uso, oltre al restauro dei siti eolici e perfino come turbine, torri e altre componenti simili possono essere sottoposti a riciclo. Di certo non si può non lasciare spazio a macchinari più efficienti, moderni e funzionanti, ma secondo questa indagine dal 2034 ci potrebbe essere bisogno di riciclare circa 225mila tonnellate di materiale ogni anno in tutto il mondo.

Il rapporto, inoltre, spiega come è possibile dare una nuova vita alle turbine di cui si sta parlando. Il mercato delle turbine di seconda mano può essere sviluppato e ampliato, come accade in alcuni casi: si tratta di macchinari magari datati, ma che comunque sono in grado di generare tutta l’energia elettrica che serve alle piccole comunità. Nel caso dell’Isola di Gigha (Scozia), ad esempio, il profitto annuo ammonta a oltre 93mila sterline per la società che si occupa di energia rinnovabile. Lo studio scozzese è andato però a guardare anche altre parti del mondo. In particolare, se si fa riferimento all’Europa dell’Est e all’America Latina, le vendite potrebbero registrare degli aumenti importanti.

Tra l’altro, queste turbine in disuso possono costare il 40% in meno rispetto alla tradizionale linea di produzione. Sono previste, poi, più di cinquemila turbine eoliche di seconda mano nelle vendite del Vecchio Continente del 2013. Un altro aspetto da considerare è, infine, quello del carburante. In effetti, il mix di materiali usati per realizzare le pale include plastica, resine e legno, di conseguenza ognuno di essi va separato per ottenere un migliore riciclo: è la Germania l’unico paese al mondo in cui esistono impianti su scala industriale capaci di rendere possibile il riutilizzo delle pale eoliche.