Sintesi industriale dell’ammoniaca: il processo Haber-Bosch

Il processo Haber-Bosch è noto a livello industriale anche con una denominazione più semplice, vale a dire quella di “Processo Haber”: si tratta di uno dei primi procedimenti che sono stati applicati nell’industria per la fabbricazione e la sintesi industriale dell’ammoniaca, il tutto su larga scala. La camera di catalisi che viene impiegata in tale processo consiste in una colonna di acciaio a pareti molto spesse, alta fino a dodici centimetri ed entro la quale è disposta una serie di tubi. Questi ultimi contengono proprio il catalizzatore e tendono a restringersi alla base. Nel mezzo della colonna, invece, possiamo trovare di solito una resistenza elettrica che serve per regolare la temperatura di reazione, usualmente mantenuta a cinquecento gradi per convenzione.

L’intero sistema tubiero, inoltre, viene isolato in maniera perfetta dalle pareti della colonna. Nel reattore, poi, sono mantenute delle pressioni pari a duecento atmosfere. Il catalizzatore impiegato è costituito essenzialmente da ferro attivato con ossidi di alluminio e potassio oppure calcio. Si calcola, tra l’altro, che la percentuale in volume dell’ammoniaca che esce dalla camera di catalisi oscilli tra il dieci e il quindi per cento. I reagenti sfruttati in tal senso sono l’azoto e l’idrogeno: la sintesi industriale dell’ammoniaca ha rappresentato da sempre un problema, dato che non è così semplice scindere il legame tra i due atomi di azoto per formare il biazoto.

Le alte temperature per la scissione stessa, inoltre, non sono l’ideale nemmeno per la termodinamicità della reazione. La scoperta di tale processo si deve essenzialmente a Fritz Haber e al suo sistema catalitico, ma anche a Carl Bosch, il quale sfruttò delle temperature molto più basse: il brevetto compete al primo personaggio menzionato, ma nel 1910 fu proprio Bosch ad assicurarsi i successivi brevetti, con un utilizzo su vasta scala che ebbe luogo per la prima volta nel corso della Grande Guerra ad opera della Germania.