Industria enologica: la feccia di vino

La denominazione di “feccia” viene in genere attribuita a quei sedimenti di liquidi che sono fermentati: più precisamente, l’utilizzo maggiore è quello relativo alla indicazione dei residui rossastri di melma, i quali tendono a depositarsi sulle pareti e sul fondo delle botti in cui il vino viene posto a fermentare o anche a invecchiare. In pratica, le fecce sono costituite da vinaccioli e bucce di uva, ma anche da cellule e spore microbiche, oltre che da cremortartaro e le sostanze che sono usate come dei chiarificanti (gli esempi più classici sono quelli della gelatina, del tannino e dell’albumina). Dal punto di vista commerciale, inoltre, si possono distinguere varie tipologie di feccia: quelle principali sono le fecce di svinatura e di travaso, molto ricche di cremortartaro e quindi di grande valore per l’industria tartarica, e le fecce di chiarificazione e di filtrazione, costituite in larga misura da albumina, da acido tannico e da sostanze pectiche.

La produzione industriale delle acquaviti

Le acqueviti sono tutte quelle bevande alcoliche che si possono ricavare attraverso la distillazione dai mosti fermentati di frutta o di cereali, senza dimenticare ovviamente il vino e le vinacce. A seconda della materia prima che si va a sfruttare, i nomi dei prodotti finali sono differenti. Quali sono le tipologie più conosciute e famose? Anzitutto, si può cominciare a parlare dell’arak: quest’ultima è la tipica acquavite di riso, nonostante in alcuni casi venga preparata da altri prodotti sottoposti a fermentazione. La produzione industriale maggiore è quella che si registra nei paesi asiatici, in primis in Cina, in Giappone e nello Sri Lanka. Il brandy, invece, è la classica acquavite di vino, con il nome in questione che è stato imposto da una convenzione internazionale.

Industria enologica: la pigiatura meccanica dell’uva

L’industria enologica fa soprattutto affidamento sulla qualità dell’uva e della sua lavorazione: dunque, non può stupire più di tanto se uno dei macchinari più importanti e strategici di questa branca del settore primario è la cosiddetta pigiatrice. Nonostante qualche zona rurale in cui l’operazione di pigiare gli acini sia fatta ancora con i piedi, le macchine hanno ormai sostituito da tempo l’operato dell’uomo. La pigiatrice, per l’appunto, viene impiegata per le lavorazioni meccaniche dell’uva. Il tipo più semplice del mezzo in questione viene ad essere costituito da due rulli realizzati in legno, ma anche da ghisa e perfino il bronzo è un metallo protagonista in questo senso.