Gli esempi di archeologia industriale di Biella

In Piemonte si possono scoprire e ammirare esempi di archeologia industriale davvero notevoli. Una città in cui è consigliabile andare se si è appassionati di queste tematiche è senza dubbio Biella: nella periferia orientale del comune, quella che è conosciuta come Chiavazza, si può scovare un antico opificio completamente dismesso e che meriterebbe una sorte senz’altro migliore.

Questa struttura industriale, inoltre, fa parte di un parco archeologico molto più ampio, il quale ricomprende la Valle del Torrente Cervo e che è stata progettata dall’architetto Gae Aulenti. In questa maniera, è possibile capire cosa si ammirava verso la fine dell’Ottocento a Biella e dintorni, con paesaggi molto industrializzati, grandi fabbriche e anche piccoli stabilimenti. Con l’avvento del XX secolo, poi, si cominciò a capire che le attività e le manifatture potevano essere spostate, non più nelle rive dei torrenti quindi, ma nelle pianure locali, vale a dire nelle zone in cui le vie di comunicazione erano più frequenti, con tanto di infrastrutture e servizi. Non è un caso che, con il dominio dell’energia elettrica, Biella sia stata definita come la “Manchester d’Italia”, un nome che è tutto un programma.

Il 1927 è un anno molto importante da questo punto di vista. Nel dettaglio, la filatura di Chiavazza comincia a svilupparsi in modo esponenziale, l’episodio storico che sancisce il boom dell’industria tessile in questa parte del Piemonte. Le ottime materie prime consentono di produrre filati in cotone e in misto lana molto apprezzati, con le esportazioni che diventano una importante realtà. D’altronde, Biella è stata sempre famosa per il suo comparto tessile, in particolare quello della lana: tra le altre aziende che si sono sviluppate qui bisogna ricordare senza dubbio il celebre gruppo Ermenegildo Zegna, il Gruppo Lanificio Fratelli Cerruti e la Filatura di Pollone, una spa quest’ultima che è riuscita addirittura a concretizzare la quotazione presso Borsa Italiana.