Industria metallurgica: il titanio

Il titanio è uno degli elementi metallici più leggeri in assoluto: tra le sue principali caratteristiche bisogna senza dubbio ricordare le doti strutturali, tanto da renderlo perfetto per la tecnologia più moderna. L’identificazione come elemento chimico avvenne grazie all’opera del tedesco Martin Heinrich Klaproth nel 1795, anche se la preparazione allo stato puro avvenne per la prima volta solamente nel 1910 con Matthew Hunter, il quale fu in grado di ridurre in tetracloruro di titanio con sodio metallico in un cilindro d’acciaio fuori dal contatto dell’aria. Si tratta di un elemento che è piuttosto diffuso in natura e occupa il nono posto in ordine di abbondanza tra quelli che sono presenti nella crosta terrestre.

Esistono inoltre numerosi giacimenti in cui i minerali di titanio sono molto concentrati e anche facilmente accessibili. I due minerali più importanti da questo punto di vista sono l’ilmenite e il rutilio; i principali depositi del primo si trovano in paesi come l’Australia, il Brasile e l’India. Il metodo maggiormente sfruttato per la preparazione industriale è il cosiddetto “processo Kroll”. In pratica, si ottiene titanio metallico attraverso il magnesio: tale operazione viene condotta in dei reattori d’acciaio, della capacità compresa tra 450 e 900 chilogrammi, alla temperatura di 850 gradi in atmosfera inerte (argon) per evitare possibili reazioni dei prodotti con ossigeno, azoto o idrogeno.

In alternativa, una soluzione molto sfruttata nel Regno Unito, è possibile sfruttare il sodio metallico come agente riducente al posto del magnesio. Il titanio è stato largamente impiegato per i missili e gli aerei supersonici dopo la Seconda Guerra Mondiale, tanto da consentire come risultato delle leghe più leggere del 45% rispetto all’acciaio, ma allo stesso tempo più robuste e resistenti. Allo stato puro, al contrario, il titanio risulta essere utile per le sue proprietà meccaniche e l’alta resistenza al calore, malgrado il forte costo di produzione.