Chimica industriale: il vanadio

Il vanadio è l’elemento metallico con simbolo V e numero atomico 23 che appartiene alla prima serie dei cosiddetti “metalli di transizione”: il minerale di partenza che impiegato più comunemente per l’estrazione di questo stesso elemento è la carnotite, oltre al vanadato di uranio e il potassio. Come si prepara esattamente dal punto di vista della chimica industriale? Anzitutto, il minerale di partenza viene trattato per trasformare il vanadio in esso contenuto in ossido puro; a tale scopo, il minerale viene sottoposto a triturazione, quindi trattato a caldo con una soluzione di soda. Questa stessa soluzione viene poi estratta con il solvente e il metavanadato sodico. Il sale di ammonio, per effetto del riscaldamento, si trasforma inoltre in pentossido di vanadio. Sono sostanzialmente due i metodi di produzione del vanadio metallico.

Il primo di essi consiste nel produrre il vanadio puro. L’ossido di vanadio, il calcio metallico e lo iodio sono introdotti, allo stato solido, in un recipiente di acciaio a pareti molto spesse, evitando in questa maniera l’ingresso dell’umidità. Il recipiente è poi chiuso ermeticamente e scaldato, tanto da dar luogo alla reazione di riduzione da parte del calcio. Il vanadio raccolto avrà uno stato di purezza pari al 99,7%. Il secondo metodo è quello della produzione della ferrolega, con l’ossido ridotto con alluminio in presenza di ferro. Esso si presenta morbido e abbastanza duttile, con una lavorazione agevole.

Tutte le operazioni a caldo, comunque, devono essere condotte in atmosfera inerte per evitare l’ossidazione del metallo in questione. Sotto forma di lastre, strisce, fili e barre, il vanadio risulta molto utile nell’industria chimica per la costruzione di apparecchiature resistenti alle alte temperature, come anche per legare alcuni metalli tra di loro. Ad esempio, le sottili lamine dell’elemento, interposte tra l’acciaio e il titanio, consentono una buona adesione di quest’ultimo all’acciaio nelle operazioni di laminazione a caldo.