Chimica industriale: il rubidio

Il rubidio è un elemento metallico che appartiene al primo gruppo del sistema periodico: è abbondante in maniera relativa in natura, anche se è in ogni caso associato a quei minerali che contengono litio e cesio. A differenza del sodio e del potassio, inoltre, esso non è mai reperibile come alogenuro. C’è anche da sottolineare che il minerale lepidolite contiene di solito circa il 3% di ossido di rubidio. La sua scoperta si deve a due scienziati tedeschi, Robert Wilhelm Bunsen e Gustav Robert Georg Kirchhoff, i quali nel 1861 esaminarono allo spettroscopio le radiazioni di emissione dei composti alcalini estratti dal minerale citato in precedenza.

Le linee caratteristiche del rubidio, il cui colore è di un rosso molto vivo, sono la causa del nome così particolare. Insieme al cesio, poi, questo elemento è stato uno dei primi in assoluto ad essere scoperto con questo metodo specifico. Come si prepara esattamente nell’ambito della chimica industriale? Le tecnologie sfruttate non sono delle più avanzate, in quanto questo elemento metallico ha una storia non troppo lunga da vantare, con le disponibilità in quantità apprezzabili e a un prezzo conveniente che sono diventate una realtà concreta nel 1958, poco più di mezzo secolo fa.

Tutti i metodi estrattivi partono in genere da minerali che contengono rubidio (nella maggior parte dei casi i minerali di litio) e si basano su sistemi di arricchimento che portano alla formazione del cloruro di rubidio. Da quest’ultimo si può ricavare il metallo in questione per effetto dell’elettrolisi. Si può ottenere rubidio metallico anche per riduzione termica del carbonato, attraverso dei metalli del tipo del magnesio. Tra le caratteristiche principali bisogna ricordare senza dubbio la morbidezza, la leggerezza e il fatto che questo elemento sia bassofondente. Tra l’altro, la reattività nei riguardi dell’ossigeno è piuttosto elevata, senza dimenticare che con l’idrogeno tende a formare uno dei più stabili tra tutti gli idruri alcalini.