Lavorazione della ghisa: il forno a riverbero

Dalla ghisa di alto forno si può ottenere un ferro di tipo acciaioso, vale a dire un acciaio extradolce, il quale viene chiamato in maniera molto comune “ferro”, nonostante non si tratti di ferro puro: tutto questo avviene nel cosiddetto forno a riverbero, mentre l’operazione vera e propria prende il nome di puddellaggio (lo spunto è venuto dal verbo inglese to puddle, vale a dire “rimescolare”). Nel forno in questione, il focolare è separato dal letto di fusione da un muricciolo; il calore della combustione, inoltre, si riflette sulla massa di metallo per via della particolare curvatura della volta.

La ghisa stessa viene portata a fusione e continuamente rimescolata con una apposita asta, mentre è soffiata dell’aria. L’ossigeno che si trova nell’aria, inoltre, riesce a bruciare il carbonio della ghisa, provocando l’aumento della temperatura fino a 1.600 gradi. L’operazione di affinazione viene favorita dal rivestimento della suola del forno, costituito da ossidi di ferro e di sabbia: gli ossidi stessi tendono a portare via il carbonio alla ghisa, mentre la sabbia è in grado di fondere e di proteggere il ferro dall’ossidazione.

La ghisa si affina in maniera progressiva, andandosi a trasformare in ferro ed è proprio in questi momenti che la massa si rimescola e da liquida diventa pastosa, dato che, diminuendo la percentuale di carbonio, il punto di fusione si innalza. Una volta che l’operazione è giunta a conclusione, si ottiene una massa molto spugnosa di ferro che si divide in pani del peso di circa quaranta chilogrammi. Il ferro americano Armco si ottiene allo stato fluido con uno speciale procedimento di decarburazione (vale a dire l’eliminazione definitiva del carbonio) ed affinazione. Anche questo ferro a cui si sta facendo riferimento è molto malleabile e resistente alla corrosione, ma non è puro dal punto di vista chimico. Il ferro a pacchetto, infine, si prepara partendo da rottami di ferro e acciaio riscaldati al calor bianco.