Elettrosiderurgia: i forni ad arco

L’elettrosiderurgia include la produzione di ghisa ottenuta da leghe di ferri e dell’acciaio ai forni elettrici.

Questi ultimi possono essere soltanto ad arco per la ghisa stessa, mentre nel caso dell’acciaio si può anche sfruttare il forno a induzione. I forni ad arco, monofasi e polifasi, consentono un riscaldamento industriale molto interessante grazie all’arco che si crea appunto tra i vari elettrodi, i quali si trovano in prossimità del materiale che deve essere fuso (in tal caso si parla di forni ad arco radiante): una variante, poi, è quella dell’arco che si crea tra gli elettrodi e la carica (forni ad arco diretto).

Tornando a parlare dell’acciaio, bisogna precisare che il tipo di arco diretto con la suola isolante (il nome con cui è conosciuto è quello di Héroult) è sicuramente tra i più diffusi nel variegato mondo industriale. Gli elettrodi vengono disposti secondo i vertici di un triangolo equilatero, i quali attraversano in maniera verticale la volta del forno: il percorso della corrente è ben preciso, visto che si va da un elettrodo all’arco, poi alla scoria, al metallo, alla scoria un’altra volta, al metallo, ancora alla scoria, all’arco, a un nuovo elettrodo e infine alla conduttura esterna, in modo da completare il circuito.

Tutti questi passaggi consentono alla corrente di ogni arco di chiudersi appunto a triangolo mediante la carica e di riscaldare il bagno attraverso il calore di irradiazione degli archi (non bisogna comunque trascurare l’effetto Joule). Il forno ad arco è adatto, in particolare, per la fusione dei rottami ed ha delle dimensioni piuttosto modeste. Il vantaggio principale, in aggiunta, è quello di un rendimento termico senz’altro più elevato rispetto a quello che si potrebbe ottenere dai tradizionali forni a fiamma (la capacità normale del forno in questione è compresa tra le due e le trenta tonnelate). L’acciaio, quindi, godrà di una maggiore qualità e viene considerato addirittura speciale.