Archeologia industriale: i trenta siti francesi esaminati da Smith e Belhoste

In passato dimenticato e quasi sconosciuto, oggi minacciato dall’ignoranza: non se la passa certo bene il patrimonio industriale francese, oggetto di una recente riscoperta, la quale può essere fatta risalire ad almeno due decenni fa. A Jean-François Belhoste e a Paul Smith si deve dare il merito di aver posto l’attenzione su questo argomento in più di una occasione, come sta avvenendo ultimamente, con l’esplorazione di un patrimonio in continua evoluzione, da Nord a Sud del paese. Si tratta, nello specifico, di ben trenta siti transalpini di archeologia industriale.

La pubblicazione dell’opera “Architectures et paysages industriels: l’ invention d’un patrimonie” risale allo scorso mese di novembre ed è molto utile per la sua presentazione di testimonianze di rilievo, selezionate attraverso un lungo ventaglio di settori industriali. Gli esempi più interessanti sono offerti senza dubbio dalle saline, le manifatture di lenzuoli, le fucine, gli arsenali, ma anche le cioccolaterie, le centrali nucleari, le raffinerie di petrolio e gli atelier di articoli di lusso. Insomma, una diversificazione davvero ampia. Le illustrazioni offerte dalle fotografie di Pierre-Olivier Deschamps sono altrettanto preziose e superbe. I luoghi in questione, nella maggior parte dei casi ancora in attività oppure riconvertiti in altro (banche, musei o abitazioni, solo per citare alcuni esempi), non sono altro che il riflesso della nostra storia comune.

Essi, infatti, testimoniano in maniera perfetta gli sconvolgimenti profondi, le rivoluzioni e i progressi tecnologici che ha conosciuto l’industria francese dal ‘500 fino al secolo scorso. Gli edifici sono molti, ma il libro in questione li esamina uno per uno, elencando le dimensioni architettoniche, le funzioni e la storia. Qualche esempio? Un caso molto interessante è quello della Centrale Nucleare di Chinon (Dipartimento di Indre-et-Loire), con i suoi dispositivi in funzione dal 1964 e numerosi rischi sia per gli incendi che per l’uranio. Questo sguardo invita quindi a comprendere come i paesaggi urbani e urali si siano amalgamati con l’industria.