Industria chimica: la gomma sintetica Buna-S

La buna caratterizza da diverso tempo l’industria chimica: si tratta della gomma sintetica che si può ottenere dalla copolimerizzazione del butadiene con lo stirolo o con il nitrile acrilico. Il termine, il quale può sembrare così particolare, non è altro che la fusione tra le due iniziali delle parole Butadiene e Natrium (sodio per l’appunto), vale a dire la materia prima e il catalizzatore che si sfruttano nel processo originale. La buna è posta in commercio in vari sottotipi. Quella di tipo standard, comunque, si ottiene attraverso una copolimerizzazione di settantuno parti di butadiene e ventinove parti di stirolo. Nel corso della preparazione, poi, si aggiunge anche un apposito antiossidante (in genere sotto forma di dispersione): attraverso l’intero procedimento, inoltre, si ricava un lattice speciale, dal quale, per mezzo della coagulazione con l’allume o l’acido amminoacetico o ancora i sali acidi, si consegue la gomma secca.

Quest’ultima, una volta lavata, pressata e asciugata, viene messa in commercio in balle de peso di circa una trentina di chilogrammi. La gomma Buna-S si presenta meno snervabile rispetto a quella naturale e ha la tendenza a resistere più di questa alla plastificazione meccanica, dunque la sua miscelazione richiede l’aggiunta di materiali, come ad esempio gli oli minerali, i catrami e i bitumi.

Senza l’aggiunta di cariche rinforzanti, le migliori delle quali si sono rivelate i neri attivi, la Buna-S mostra di essere in possesso di un carico di rottura e di un allungamento inferiori a quelli della gomma naturale. Tale gomma, poi, si caratterizza per un copolimero del butadiene con nitrile acrilico, la cui percentuale può anche raggiungere il 52%. Bisogna però notare che, man mano che aumenta il tenore di nitrile acrilico, la lavorabilità si fa sempre più difficoltosa. Si ovvia all’inconveniente andando a plastificare la gomma con delle opportune sostanze (resine viniliche, ftalati, sebacati e tricesilfosfato su tutte).