Industria metallurgica: la cromatazione

La cromatazione è il trattamento superficiale che molte industrie adottano per quel che riguarda alcuni tipi di metalli: l’obiettivo che si intende perseguire in questo modo è quello di dar vita a uno strato protettivo di cromati e bicromati (si ottengono dalla cromite, calcinando in forni rotativi il minerale dopo averlo macinato, con carbonato sodico e calcio) che sia davvero efficace contro gli effetti della corrosione e che, allo stesso tempo, sia dotato anche di certe colorazioni, così da conferire all’oggetto ricoperto dei requisiti estetici piuttosto particolari e caratteristici. Lo strato in questione, il quale ha uno spessore di qualche decimo di micron, rappresenta perfino un ottimo supporto per una eventuale e successiva verniciatura industriale, dato che ne migliora senza dubbio l’aderenza.

L’esecuzione a cui si sta facendo riferimento ha luogo soprattutto per via chimica, ma anche quella elettrolitica è abbastanza diffusa. Se si preferisce però il metodo chimico, allora bisogna ricordare i vari passaggi: anzitutto, il materiale da cromatare viene immerso per alcuni minuti in delle soluzioni che contengono ioni cromatici, sia sotto forma di acido cromico, sia di cromati e bicromati come ricordato in precedenza, sempre in presenza di catalizzatori organici o inorganici. Nella fase successiva, invece, si provvede a sciacquare nuovamente e poi ad asciugare il tutto alla temperatura di 55-60 gradi, in modo che lo strato di gelatina che si forma in questo caso possa acquisire la necessaria consistenza.

Nel caso della via elettrolitica, al contrario, gli oggetti vengono posti in delle celle dove funzionano come veri e propri anodi, tanto che il processo assume il carattere di una reale ossidazione anodica del metallo. A seconda della modalità con cui si esegue la cromatazione a livello industriale, si possono ottenere delle tinte molto diverse tra loro, visto che vanno dal giallo chiaro al bruno, fino anche al nero più intenso.