Industria metallurgica: le leghe antifrizione

Le leghe antifrizione sono molto sfruttate dall’industria metallurgica: in effetti, esse sono destinate al rivestimento delle parti di macchine sottoposte a una particolare usura per attrito, come ad esempio i perni, le teste di biella, i collari di eccentrici e molto altro. Tali leghe, inoltre, devono avere un coefficiente di attrito molto ridotto, oltre a una elevata resistenza all’usura e allo schiacciamento, senza dimenticare l’alto grado di plasticità. Per realizzare queste specifiche caratteristiche si utilizzano delle leghe multiple, costituite da una matrice metallica che è relativamente plastica e in cui sono dispersi gli elementi cristallini di notevole durezza.

Mentre la matrice, per la sua plasticità, si adatta facilmente alla irregolarità delle superfici dei pezzi con cui viene a contatto, i secondi hanno la funzione specifica di sopportare i carichi. In commercio si possono incontrare numerosi materiali antifrizione. Un esempio interessante è senza dubbio quello delle leghe rame-stagno (bronzi), le quali presentano un tenore di stagno compreso tra il 10 e il 20% e meno dello 0,25% di piombo, ma anche le leghe rame-zinco (si tratta degli ottoni) con lo zinco compreso tra il 10 e il 30% e il piombo tra il 2 e il 3%. Altrettanto utili possono risultare anche le leghe rame-alluminio e rame-nichel.

Piuttosto conosciuti, poi, sono i cosiddetti “metalli bianchi”, caratterizzati da leghe ternarie di stagno, antimonio e rame, con un tenore del primo elemento che arriva fino al 90%, mentre le leghe di piombo, stagno e antimonio sono state create per ridurre l’utilizzo dello stagno e del rame, molto pregiati, ma al tempo stesso dotati di caratteristiche inferiori a quelle delle leghe esaminate in precedenza. Le leghe del piombo indurito hanno assunto una rilevanza fondamentale da diverso tempo: in pratica, il piombo è presente al 98%, mentre il restante 2% non è altro che calcio e magnesio, oltre a qualche traccia di altri elementi di diverso tipo.