Posta la prima pietra dell’impianto IBP (Italian Bio Products)

Alla presenza delle autorità locali e nazionali, il Gruppo Mossi&Ghisolfi – leader mondiale nella produzione di PET – ha celebrato lo scorso 12 Aprile 2011 la posa della prima pietra dell’impianto IBP (Italian Bio Products), che a partire dal 2012 produrrà, primo nel mondo, bioetanolo di seconda generazione.
Prende così l’avvio la fase di scale-up industriale, che tradurrà sul piano della produzione l’innovativa tecnologia PRO.E.SA.TM, messa a punto nei laboratori di Chemtex – società di ingegneria del Gruppo Mossi&Ghisolfi – grazie ad un progetto di ricerca durato 5 anni e costato 120 milioni di euro.
La bioraffineria di Crescentino avrà una capacità produttiva di 40.000 tonnellate annue di bioetanolo, realizzato a partire da biomasse ligno-cellulosiche disponibili in filiera locale (nel raggio di 40 km) e non destinate al consumo alimentare.


“L’avvio dei lavori per la costruzione dell’impianto rappresenta per noi un importante traguardo e, allo stesso tempo, un nuovo inizio: si concretizza oggi un progetto in cui abbiamo fortemente creduto e che consegna al nostro Gruppo e al Paese la leadership tecnologica nel settore dei biocarburanti di nuova generazione e della biochimica” – sottolinea il Cavaliere del Lavoro Vittorio Ghisolfi, Presidente del Gruppo Mossi&Ghisolfi – “Il nostro impegno sul fronte della ricerca, però, non si conclude qui. La prossima sfida che ci attende è l’individuazione di nuove, innovative applicazioni della tecnologia PRO.E.SA.TM nel campo della chimica verde”.
Nello sviluppo del progetto e della tecnologia, M&G ha potuto contare sul contributo di partner di assoluto rilievo, tra cui ENEA, Politecnico di Torino, Regione Piemonte e Novozymes, società danese leader nel settore della bioenergia e nella fornitura di enzimi per la produzione di bioetanolo di I e II generazione.
L’impianto avrà un impatto sull’ambiente estremamente contenuto, grazie alle caratteristiche della biomassa selezionata per la produzione: la Arundo Donax – la comune canna di fosso – assicura, infatti, una significativa capacità di sequestro di CO2 e cresce su terreni marginali, con basso consumo di acqua, fertilizzanti e territorio (grazie all’elevata resa per ettaro). Inoltre, la parte non utilizzabile della materia prima vegetale – la lignina – sarà riutilizzata come combustibile per gli impianti di generazione elettrica: in questo modo, l’impianto funzionerà in totale autonomia energetica.
L’impatto ambientale ed ecologico dell’impianto è stato attentamente valutato, allo scopo di massimizzarne le performance di sostenibilità. L’intero progetto di realizzazione dello stabilimento è stato volontariamente sottoposto ad un iter di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), curato nei diversi passaggi dalla società partner Ai Engineering.
L’impianto sarà un’importante leva di sviluppo per il tessuto economico locale, su cui sorgerà un’innovativa esperienza di filiera agro-industriale. Partner importante in questo progetto è il settore agricolo, che potrà puntare sulla coltivazione di Arundo Donax – una pianta non infestante – per incrementare la redditività dei terreni marginali e improduttivi.
Secondo le direttive dell’Unione Europea, entro il 2020, almeno il 10% dei combustibili per autotrazione dovrà provenire da fonti rinnovabili. Questa disposizione crea di fatto un mercato, che, nella sola Italia, si traduce in una domanda stimata pari a non meno di 1,5 milioni di tonnellate di bioetanolo.