Pelli e cuoio: lavorazioni e classificazioni industriali

Come è noto, la pelle di molti animali viene impiegata nell’industria tessile per confezionare calzature, articoli di abbigliamento, borse e valigie: per poter essere utilizzata, però, ha bisogno di alcune particolari lavorazioni, le quali prendono il nome di “concia”. La concia non è altro che il trattamento in grado di trasformare la pelle in cuoio, rendendola più morbida, elastica e resistente. La maggior parte delle pelli proviene dai bovini come il bue, il vitello e anche il bufalo, ma non bisogna dimenticare gli ovini e caprini (pecora, montone e capra), i suini e gli altri mammiferi (daino, cervo e camoscio in primis). Subito dopo la scuoiatura dell’animale, la pelle appare molto rugosa all’esterno, mentre all’interno è piuttosto viscida; si tratta della cosiddetta “pelle verde” o anche fresca, ma in commercio si possono trovare anche pelli conservate.

Soltanto per citare alcuni esempi, si può avere a che fare con le pelli salate (trattate andando a cospargere la parte interna di sale, in modo da bloccare la putrefazione), le pelli secche (vengono conservate all’aria aperta) e le pelli di picklaggio (il termine deriva da “pickle”, che significa bagno acido, con appositi trattamenti che eliminano le cause di putrefazione). Il valore della pelle stessa dipende invece dalla specie di animale da cui proviene. Il fenomeno chimico-fisico della concia è piuttosto complesso e si verifica mediante una reazione tra i materiali concianti e la sostanza collosa che circonda le cellule della pelle.

In questo modo, si forma una specie di rivestimento intorno a ogni cellula, con il prodotto conciato che rimane morbido e flessibile. Prima di essere conciate, comunque, le pelli vanno preparate. Quelle fresche devono essere lavate per alcune ore, mentre quelle secche vanno rinverdite lasciandole a bagno per un periodo di quattro o cinque giorni. La concia stessa, infine, può essere di vari tipi, vegetale, minerale (il trattamento più sfruttato) e all’olio.