Hans-Peter Bartschi, il pioniere dell’archeologia industriale

Gran parte del patrimonio industriale che è presente in Svizzera assomiglia tanto a un ricordo lontano: le fabbriche più antiche, infatti, sono state demolite o fatte sparire, ma il rischio in questo modo è quello di cancellare un pezzo importante di storia economica e la nazione elvetica deve molto a questo suo passato se al giorno d’oggi può vantare un presente florido dal punto di vista finanziario. Per fortuna c’è chi si sta interessando a tutto questo, vale a dire l’architetto Hans-Peter Bartschi.

Quest’ultimo, infatti, è un vero e proprio pioniere per quel che concerne l’archeologia industriale e le sue battaglie sono state sempre volte a preservare le testimonianze più importanti da questo punto di vista. Non è un caso che il suo ufficio sorga in un vecchio deposito di locomotive, un quartiere industriale della città di Zurigo abbandonato da molti, ma che, secondo Bartschi, mantiene intatto tutto il suo fascino. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’industria svizzera è riuscita a competere perfino con quella degli Stati Uniti e negli anni Sessanta del secolo scorso la confederazione figurava nella top-10 delle nazioni più industrializzate al mondo. Poi, però, sono arrivati gli anni Settanta e con essi le svendite di fabbriche e stabilimenti, con le banche e la finanza che l’hanno fatta da padrona.

L’architetto zurighese vuole dare nuovo valore a tale patrimonio, anche se si può intervenire sugli stabilimenti industriali solamente quando vengono riconosciuti come priorità storica a tutti gli effetti. La piattaforma Isis sopperisce a molte lacune e cataloga nel dettaglio gli oggetti di importanza storica. Uno dei principali salvataggi di cui è stato protagonista Bartschi è senza dubbio l’impianto Sulzer nei pressi di Winterthur, quando si è scongiurato il progetto di demolizione e si è provveduto a costruire un nuovo quartiere rispettoso dello sviluppo sostenibile e in grado di conservare moltissimi stabilimenti storici.