Industria del caffè: il processo di torrefazione

Quando si parla di torrefazione a livello industriale ci si riferisce di solito al processo con cui si arrostiscono i materiali: in pratica, una determinata sostanza viene sottoposta a temperatura piuttosto alte, così che si possa ottenere una adeguata disidratazione, la successiva ossidazione e anche una parziale carbonizzazione. I gradi di torrefazione sono diversi, così come anche i risultati possibili. L’industria del caffè è quella maggiormente coinvolto in tal senso; tale operazione, definita anche come “tostatura”, prevede che i semi vengano sottoposti all’azione del calore per renderli atti al consumo finale.

Nella manifattura dei tabacchi, invece, si tratta del trattamento che si pratica ad alcuni miscugli di trinciati per conferire un colore che sia più omogeneo possibile e diminuire in modo sensibile il contenuto di nicotina. Anche i semi di orzo e di altre piante ne sono comunque interessati. Tornando a parlare del caffè, c’è da dire le tipiche temperature a cui vanno incontro i grani possono superare i duecento gradi. Di solito, poi, si usa distinguere due torrefazioni ben distinte, vale a dire quella a letto fluido e quella a tamburo rotante. Nel primo caso, i chicchi di caffè sono sottoposti a dei getti di aria calda per piccoli intervalli temporali (fino a quattrocento gradi per la precisione), mentre nel secondo si sfrutta appunto un tamburo di metallo che è in grado di rivoltare i chicchi in questione varie volte, con i getti di aria calda che durano all’incirca un quarto d’ora.

Quest’ultimo metodo viene preferito, in particolare, per un motivo ben preciso, vale a dire la tostatura che viene resa molto più uniforme e omogenea, con il caffè che avrà quindi tutto un altro gusto. Questa operazione industriale, infine, contempla altri cambiamenti fondamentali: il riferimento non può che andare alla caramellizzazione degli zuccheri e la carbonizzazione della cellulosa, strategici per dare al chicco il suo colore così scuro.