Industria metallurgica: l’utilizzo del bolo

Con il termine “bolo” si indica di solito una varietà ferrifera di hallosyte e, in senso ancora più generico, un’argilla piuttosto compatta (ecco perché si parla di “terra bolare” in questo caso): quest’ultima presenta tra le sue caratteristiche una frattura di tipo concorde, di colore rosso più o meno intenso, a causa della presenza di sesquiossidi di ferro, alquanto untuosa al tatto per la precisione. Il bolo tipico dal punto di vista storico proveniva una volta da paesi come l’Armenia e la Persia (l’attuale Iran) ed è proprio per tale motivo che vi sono delle varianti per quel che riguarda i nomi. Gli esempi tipici sono quelli di bolo di Armenia, bolo armeno, bolo orientale, bolo rosso.

Esso viene adoperato di solito in ambito industriale come sostanza colorante. Il termine “bolo bianco”, al contrario, non è altro che una argilla caolinica che, una volta depurata delle impurità sabbiose e di calcare, viene sfruttata in larga misura come disgrassante, assorbente e molto altro. Esso risulta essere molto simile alle ocre, con la sola differenza che non c’è alcun contenuto di carbonato, senza dimenticare lo stato colloidale che non coincide in alcun modo. In aggiunta, gli ossidi possono partecipare in vario modo alla composizione del bolo stesso, pertanto si possono presentare altrettante colorazioni (in particolare giallo e verde per la precisione).

Quando si va a perfezionare una doratura, la colorazione rossa della varietà in questione incide in modo sostanziale sulla profondità di colore della foglia oro, dato che quest’ultima fa trasparire la luce verde, andando a trattenere allo stesso tempo la componente rossa. Ecco perché il bolo è in grado di conferire una sorta di equilibrio fondamentale dal punto di vista cromatico all’oro, un maggior calore come si dice in gergo. L’utilizzo del bolo, infine, deve beneficiare dell’elaborazione con l’aggiunta di altre componenti, in primis la grafite (si parla di appretto di bolo).