I tesori dell’archeologia industriale: la Fornace Penna di Scicli

La più bella città che abbiamo mai vista, forse la più bella del mondo: è questo il giudizio che il celebre scrittore Elio Vittorini dà di Scicli, comune siciliano che si trova in provincia di Ragusa. Una delle sue principali attrattive, anche se magari può essere considerato un monumento di nicchia, è senza dubbio la Fornace Penna, una splendida testimonianza dell’archeologia industriale italiana, tanto che il critico d’arte Vittorio Sgarbi non ha esitato a definirla una “basilica laica in riva al mare”. Di cosa si tratta esattamente? Questo stabilimento industriale sorge nella contrada Pisciotto, più precisamente nella frazione che è denominata Sampieri.

La realizzazione venne avviata nel 1909 e il fatto che si trovi a poca distanza dal Mar Mediterraneo è dovuto alla contiguità con la ferrovia, alla vicinanza alla cava di argilla, utile per la materia prima e alla disponibilità di acqua che proveniva da una sorgente locale. La Fornace Penna era in grado di produrre ottimi laterizi, i quali venivano poi esportati in Africa e in altre nazioni mediterranee. La vita di questa basilica è però durata molto poco, nemmeno quindici anni; in effetti, nel gennaio del 1924, un incendio distrusse la struttura, anche se non si è ben capito chi abbia causato il tutto. Gli abitanti l’hanno ribattezzata come “o Pisciuottu” e i suoi rudere sono ancora in grado di esercitare un fascino importante.

La fornace di Scicli vantava ben sedici camere e una ciminiera di quarantuno metri di altezza; due polverizzatori e una impastatrice dotata di grandi eliche ed elevatori a tazze consentivano all’impianto di funzionare in maniera perfetta. Attualmente, essa viene sfruttata, in particolare, per l’organizzazione degli eventi culturali: di recente, proprio a Scicli si è svolto il Barocco Slow Coast e la Fornace Penna è stato il luogo ideale per la lettura di alcuni racconti legati proprio al tema dell’archeologia industriale.