La trafilatura delle barre e dei fili

La trafilatura non è altro che quel procedimento industriale che si basa essenzialmente sulla duttilità e che consiste nell’obbligare un filo di metallo a passare attraverso un foro di diametro lievemente inferiore a quello del filo: in questo modo il materiale si deforma allungandosi e assottigliandosi. La piastrina entro cui è ricavato il foro di passaggio viene detta di solito “trafila” o “filiera”. Quando la sezione di partenza è piuttosto considerevole, allora si parla di trafilatura delle barre.

In pratica, si impiegano dei banchi di trafilatura in cui il materiale viene appunto lavorato, barra per barra, per dei tratti che sono lunghi al massimo come il banco stesso. Il trascinamento del materiale, forzato ad attraversare la trafila, si ottiene per mezzo di alcune catene o di comandi a dentiera o anche di comandi idraulici. Prima della trafilatura, inoltre, il materiale (laminato a caldo in una fase precedente) va liberato dalle scaglie di ossido superficiale. È dunque necessario che vi sia una lubrificazione abbastanza abbondante, con un miscuglio di grasso, olio pesante e sapone. Nel caso in cui, al contrario, la sezione del profilato di metallo è più piccola, si ha la trafilatura dei fili.

Entrando maggiormente nel dettaglio, c’è da dire che per la fabbricazione dei fili si parte da ferro tondino laminato a caldo e avvolto su appositi rocchetti (gli aspi); il tondino viene forzato attraverso la filiera e trascinato dalla parte opposta da un altro aspo (detto “di avvolgimento”). È possibile anche la trafilatura con il passaggio simultaneo attraverso più filiere ed avvolgimento su un numero maggiore di aspi, non superando però i tre-quattro passaggi, visto che tale operazione genera nel filo un forte incrudimento, il quale rende necessario un trattamento termico di ricottura. In certi casi, poi, il filo viene trascinato anziché da un aspo di avvolgimento da due rulli zigrinati posti all’inizio di un banco di trafilatura.