La crisi senza fine dell’industria italiana della carta

103957L’industria italiana della carta non riesce ad affrontare da troppo tempo nel migliore dei modi la sfida della competitività. I problemi sono fin troppo noti, in particolare gli oneri eccessivi dal punto di vista energetico, visto che questi ultimi superano il 50% dei costi complessivi. Secondo quanto affermato da Paolo Culicchi, numero uno di Assocarta, gli ultimi cinque anni sono stati caratterizzati dalla chiusura di ben ventisei siti, per non parlare della perdita di ben 40mila posti di lavoro, un vero e proprio dramma non c’è che dire. In aggiunta, bisogna anche ricordare che nel periodo compreso tra il 2011 e il 2012 la produzione totale ha ceduto cinque punti percentuali, per non parlare del -7% di cui si è reso protagonista il fatturato.

Possibile che non vi sia nulla di fattibile per invertire la rotta? La ricetta di Culicchi prevede una maggiore liberalizzazione del mercato del gas, in modo da poter rendere effettiva la produzione autonoma, sfruttando in maniera totale il trentanovesimo articolo della Legge Sviluppo del 2012. Tra l’altro, si sta parlando di una industria di gran pregio, la cui qualità viene riconosciuta da più parti all’estero, dunque non la si può lasciare morire a causa di colpe non sue. Il 2013 è cominciato come peggio non poteva, sia per quel che riguarda la produzione che per il fatturato.

I ribassi sono compresi tra gli 1,5 e gli 1,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Il motivo è presto detto. Anzitutto, i volumi di carte per gli utilizzi grafici si sono ridotti di quasi il 6%, ma non è andata meglio alle carte destinate all’imballaggio (-1,2%). Al contrario, si sono ben comportate le carte per cartone ondulato (quasi quattro punti percentuali in più) e quelle utili per gli utilizzi in campo igienico-sanitario. Infine, le esportazioni sono in fase di recupero rispetto al 2012, un segnale senza dubbio più incoraggiante.