Il funzionamento dell’altoforno industriale

Spesso si sente parlare di altiforni quando si ha a che fare con le industrie del più svariato tipo: ma di cosa si tratta esattamente? L’altoforno non è altro che un forno a tino a funzionamento continuo per la produzione della ghisa, partendo dal minerale di ferro. La struttura moderna prevede una grande costruzione di acciaio e muratura in cui, dall’alto verso il basso, si distinguono vari elementi. Si tratta, nello specifico, della bocca di introduzione, del tino a tronco di cono, con la base maggiore che è in basso, il ventre o sacca (in mattoni alluminosi altamente refrattari), il crogiolo, costruito anch’esso con lo stesso tipo di mattoni, in cui si va a raccogliere il metallo fuso.

Lungo la corona superiore del crogiolo, poi, sono praticate delle feritoie, in genere in un numero che è compreso tra un minimo di sei e un massimo di dodici, mediante le quali degli ugelli soffiano l’aria, detta in maniera più comune e tecnico “vento”, necessario al funzionamento dell’intero forno. L’altezza di un altoforno moderno supera di norma i trentacinque metri, mentre il diametro interno del tino arriva fino ai quattordici. Bisogna anche ricordare, inoltre, che per consentire le dilatazioni conseguenti ai diversi regimi di temperatura delle varie zone, le murature sono divise in anelli orizzontali, alti da due a quattro metri e cerchiati tra di loro.

L’intero altoforno è rivestito dalla parte esterna con una fasciatura di lamiere di ferro che, nella sezione che circonda il crogiolo, viene raffreddata in modo energico con degli appositi getti d’acqua. I minerali che sono generalmente sfruttati sono la magnetite, l’ematite, la limonite e la siderite, mentre quando le ganghe sono in calcare e siliciose si preferisce utilizzare la bauxite. Il combustibile, infine, è costituito da carbone coke, nonostante i suoi alti costi gli hanno preferito nel tempo dei combustibili più economici e di più agevole approvvigionamento.