Industria agricola: la semina in letto caldo

Con il termine “letto caldo” si identifica in ambito agricolo un cassone di tipo fisso oppure mobile, il quale viene realizzato di solito in legno o in muratura, ma anche coperto con dei vetri o del materiale plastico. Esso viene riscaldato andando a sfruttare il calore che è sviluppato dalle sostanze organiche in fermentazione, di solito rappresentate dal letame fresco. L’intensità di questa stessa fermentazione di cui si sta parlando, e quindi della temperatura, è in funzione dell’umidità e della quantità di aria che circola nella massa. L’aria viene regolata con la compressione dello strato e l’umidità con delle apposite irrorazioni a seconda delle necessità.

All’inizio, per un tempo che dura circa una settimana, la temperatura all’interno del letto caldo rimane tutto sommato stazionaria, poi tende ad aumentare in maniera molto rapida, riuscendo a raggiungere il suo livello massimo (quello che viene definito “colpo di fuoco” per la precisione). Nella fase immediatamente successiva, i gradi diminuiscono e rimangono costanti per alcuni mesi. Al di sopra della massa che fermenta si va a deporre uno strato di quindici centimetri di terriccio, in modo da formare un buon letto di semina. Per quel che riguarda il nostro paese, in particolare le zone più fredde del Settentrione, si cercano di evitare le perdite di calore, di conseguenza le vetrate del cassone sono ricoperte con delle stuoie di paglia su cui vengono distesi dei teloni impermeabili.

Con dei cassoni riscaldati in tale maniera, la semina può avere luogo in qualsiasi periodo dei mesi invernali. I letti caldi, inoltre, trovano una diffusione molto ampia nell’ambito dell’orticoltura, visto che si tratta di una soluzione ideale per le colture anticipate (le primizie), ma anche in floricoltura. Le dimensioni dell’area che deve essere seminata con la tecnica in questione dipende da quante sono le sementi che vanno interrate: per un piccolo orto può essere sufficiente uno spazio di circa 70 o 80 centimetri.