Industria alimentare: la produzione dell’aceto

Nell’ambito dell’industria alimentare, l’aceto è il prodotto della fermentazione acetica di liquidi debolmente alcoolici, provocata da speciali microrganismi (i cosiddetti Mycoderma Aceti per la precisione). Come materie prime per la fabbricazione dell’aceto vengono usati il vino, la birra, il sidro, lo spirito diluito, le soluzioni di malto o di glucosio, la melassa e il latticello. Il procedimento industriale in questione consiste essenzialmente nel sottoporre queste sostanze a una fermentazione alcolica e nell’aggiungervi poi solfato di ammonio o fosfati alcalini: l’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo dei già citati microrganismi.

Le sostanze sfruttate, inoltre, dopo che è avvenuta la fermentazione alcolica, non devono contenere più del 10% di alcool. L’aceto si ottiene dal vino facendo sgocciolare quest’ultimo in dei recipienti che contengono trucioli di legno, fra i quali si fa circolare l’aria. Il colorito è tipicamente roseo e la sua acidità espressa in acido acetico varia da quattro a nove grammi per cento centimetri cubi. L’aceto che si ottiene dall’alcool invece è quasi incolore, tanto che per conferirgli l’apparenza di aceto di vino lo si colora con il caramello. Non possiede, inoltre, il gradevole odore etereo dell’aceto di vino. Gli aceti di birra, di sidro e di frutta sono poco acidi e hanno un odore che ricorda la materia prima che è stata adoperata.

Gli aceti artificiali, poi, si ottengono andando a diluire in maniera conveniente con acqua l’acido acetico e colorando il liquido con caramello o altre sostanze. Secondo il regolamento di igiene contro le frodi, con la parola aceto bisogna indicare solamente il prodotto che è ottenuto dalla fermentazione acetica di vino o di vinello e la sua acidità totale deve corrispondere a un contenuto in acido acetico non inferiore al 5%. L’aceto di alcool e di altre sostanze e gli aceti artificiali non devono essere usati come commestibili, ma soltanto per la conservazione dei prodotti agricoli.