Chimica industriale: l’esaclorocicloesano

La chimica industriale è speso costellata e caratterizzata da elementi che hanno nomi magari complicati, ma che si riferiscono sempre a qualcosa di utile. È questo il caso dell’esaclorocicloesano: che cosa si nasconde dietro a una denominazione così lunga? Si tratta essenzialmente di una miscela di isomeri di forma empirica e che viene prodotta attraverso una opportuna clorurazione del benzene. Questo vuol dire che l’esaclorocicloesano rappresenta un elemento dalla tossicità piuttosto elevata, ma questa è una particolarità che vale per gli insetti, pertanto il suo tipico utilizzo e la relativa produzione industriale fanno riferimento al campo degli insetticidi sintetici. Il composto in questione viene ottenuto in una maniera ben precisa.

Chimica industriale: i saturatori Fauser e Fassbender

Col termine saturatore si indicano di solito gli apparecchi che sono atti a produrre saturazione, sia in ambiente aeriforme che liquido: la saturazione a livello industriale si realizza quando un gas, un liquido o un solido disciolti in un solvente raggiungono la massima solubilità nel solvente stesso. Una tipologia molto sfruttata in questo senso è quella del saturatore Fauser per nitrato di ammonio. In pratica, tale apparecchio serve per la produzione di soluzioni sature di questo composto chimico. Al suo interno, infatti, sotto una pressione corrispondente a una certa colonna di liquido, avviene la reazione tra l’ammoniaca e l’acido nitrico.

Coloranti e pigmenti industriali: l’oltremare

Uno dei più interessanti prodotti della chimica industriale è senza dubbio l’oltremare, il prodotto che viene utilizzato principalmente come pigmento e colorante: la variante più diffusa in questo senso è quella dell’oltremare azzurro, un colorante che si otteneva in passato dal lapislazzuli naturale sottoposto a polverizzazione, arroventato in maniera leggera e poi trattato con acqua e acido acetico diluito, quindi ulteriormente porfirizzato e levigato con la stessa acqua. Insomma, la lavorazione era piuttosto articolata, ma poi con il tempo si è evoluta. Al giorno d’oggi, infatti, si preferisce calcinare una miscela di caolino, carbonato e solfato sodico, senza dimenticare lo zolfo, il carbone e anche la colofonia e la pace.

Chimica industriale: il vanadio

Il vanadio è l’elemento metallico con simbolo V e numero atomico 23 che appartiene alla prima serie dei cosiddetti “metalli di transizione”: il minerale di partenza che impiegato più comunemente per l’estrazione di questo stesso elemento è la carnotite, oltre al vanadato di uranio e il potassio. Come si prepara esattamente dal punto di vista della chimica industriale? Anzitutto, il minerale di partenza viene trattato per trasformare il vanadio in esso contenuto in ossido puro; a tale scopo, il minerale viene sottoposto a triturazione, quindi trattato a caldo con una soluzione di soda. Questa stessa soluzione viene poi estratta con il solvente e il metavanadato sodico. Il sale di ammonio, per effetto del riscaldamento, si trasforma inoltre in pentossido di vanadio. Sono sostanzialmente due i metodi di produzione del vanadio metallico.

Chimica industriale: il processo di decantazione

La decantazione è la separazione di un solido da un liquido per azione della gravità, vale a dire per precipitazione oppure per galleggiamento delle particelle che sono sospese. Si tratta di una operazione che viene applicata in ambito industriale per quelle sospensioni le cui particelle sospese tendono a depositarsi (quindi a sedimentarsi) con una sufficiente rapidità, oppure quando la separazione per filtrazione è difficile per la natura stessa della sospensione, come avviene nella fabbricazione dell’allumina, nei processi di raffinazione degli oli e in altri casi. Tra l’altro, essa è spesso sfruttata come operazione di concentrazione di una torbida.

Chimica industriale: le caratteristiche del polietilene

Nell’ambito della chimica industriale, il polietilene è quella resina termoplastica che si ottiene per polimerizzazione dell’etilene. Essa è dotata di una struttura e di una proprietà che differiscono a seconda dei processi industriali con cui viene preparata: in particolare, si possono distinguere due tipi di processi, vale a dire quelli ad alta pressione e quelli a bassa pressione. Nel primo caso, si opera solitamente a 1.000-2.000 atmosfere e con temperature comprese tra i 150 e i 300 gradi, in presenza di particolari sostanze che iniziano la reazione (in genere l’ossigeno, ma anche i perossidi organici e inorganici, gli ozonuri e gli azocomposti). La polimerizzazione viene compiuta, in massa o in presenza di un solvente, in autoclavi o in reattori tubolari.

L’utilizzo industriale del cellophane

Praticamente lo utilizziamo tutti i giorni, è uno dei migliori “alleati” della conservazione del cibo: il riferimento non può che andare al cellophane, il materiale plastico che non è altro che uno dei principali prodotti della chimica industriale. In effetti, esso è costituito da una cellulosa che viene ricavata andando a decomporre la viscosa, vale a dire la soluzione di xantogenato di sodio-cellulosa. L’invenzione risale al 1908 ed è opera di un ingegnere svizzero, Jacques Edwin Brandenberger (il nome è semplicemente l’unione tra le parole cellulosa e diaphane). La preparazione tipica del cellophane prevede che si eserciti una certa pressione su una soluzione densa di viscosa appunto, il tutto attraverso un taglio molto stretto, di larghezza fino a un metro e anche oltre; questa procedura viene eseguita in modo da ottenere un foglio che, dopo essere stato guidato da opportuni cilindri conduttori, subisce una decomposizione importante in un bagno contenente acido solforico e bisolfato sodico.

Prodotti della chimica industriale: il torio

Il torio, elemento chimico con simbolo Th e numero atomico 90 (il peso atomico è di 232,12), appartiene alla serie dei cosiddetti “attinidi”: si tratta di un minerale radioattivo e ne sono noti diversi isotopi. Allo stato metallico, il torio ha un colore grigio scuro ed è duttile e piuttosto malleabile. Tra l’altro, esso può essere attaccato abbastanza facilmente dall’acido nitrico, quello solforico e cloridrico, ma non dalle soluzioni alcaline. A 450 gradi, poi, si riesce a combinare molto bene con il cloro e lo zolfo, mentre a 650 gradi con l’idrogeno e l’azoto. Per ottenerlo dai minerali si prepara prima il cloruro dal quale, per effetto dell’elettrolisi, si separa il torio metallico.

Chimica industriale: le varie tipologie di colonne

La colonna è una delle apparecchiature maggiormente sfruttate della chimica industriale: si tratta di un elemento essenziale per quel che concerne la realizzazione di diverse operazioni, quali la distillazione e l’assorbimento. Le colonne possono essere del tipo a pioggia, a riempimento, oppure a piatti e funzionano di solito con le due fasi (liquido-liquido, liquido-gas, liquido-vapore) che si muovono controcorrente, vale a dire dall’alto verso il basso e l’altra in senso opposto. La colonna a pioggia rappresenta il dispositivo più semplice in questo senso ed è formato da un adatto recipiente, di solito di forma cilindrica, avente altezza molto superiore rispetto al diametro e munito al livello superiore di ugelli o di distributore della fase da disperdere.

Chimica industriale: il cotone collodio

Spesso si sente parlare in ambito chimico delle soluzioni di cotone collodio che sono immerse nei miscugli di etere ed alcol. Il collodio in questione non è altro che un liquido limpido e piuttosto sciropposo, incolore o al massimo leggermente giallo, dall’odore fortemente etereo: una volta che viene spalmato sulla pelle oppure su una superficie di qualunque tipo, si viene a formare uno strato molto sottile che, in breve tempo, diventa secco e aderente. La pellicola che si può ottenere in questa maniera a seguito dell’evaporazione del solvente, tende a infiammarsi e bruciare molto rapidamente, addirittura con una leggera deflagrazione, ma solamente nel caso in cui sia posta in contatto con una fiamma.