L’arcos è un sistema di taglio dei metalli ben diffuso a livello industriale: in pratica, esso riesce ad associare in maniera perfetta l’ossigeno all’arco elettrico, tanto che la sua denominazione alternativa è proprio quella di “taglio ossielettrico” o di Oxyarc. In aggiunta, tale sistema viene indicato per il taglio e la foratura degli acciai inossidabili, per il taglio della ghisa, delle leghe leggere, del rame e dell’ottone, oltre che per l’asportazione rapida dei chiodi e per l’esecuzione di fori di qualsiasi diametro in lamiere fino a cento millimetri di spessore. In aggiunta, non bisogna dimenticare che in questo preciso ambito sono impiegati anche degli elettrodi cavi dal punto di vista assiale, in modo da consentire l’adduzione dell’ossigeno che è necessario al taglio in questione.
Redazione
La produzione industriale dei saponi
I saponi di produzione industriale possono essere di vario tipo. Ad esempio, vi sono i sali alcalini (di sodio, di potassio e, meno frequentemente, di ammonio), di acidi grassi superiori e sotto forma di gliceridi. Visto che i saponi si ottengono attraverso il processo della saponificazione dei grassi naturali, essi devono essere considerati come un miscuglio di sali alcalini di vari acidi grassi, in proporzioni che sono variabili a seconda della materia prima che viene impiegata nel corso della fabbricazione. In particolare, i metodi di preparazione dei saponi sono sostanzialmente due, vale a dire la saponificazione dei grassi e la neutralizzazione degli acidi grassi.
Metalli industriali: il sodio
Il sodio è l’elemento chimico di simbolo Na, numero atomico 11 e una densità di 0,97 grammi per centimetro cubo: il punto di fusione in questo caso è pari a 97,5 gradi, senza dimenticare che l’ebollizione si raggiunge a 883 gradi. Si sta parlando di uno dei principali metalli alcalini, tanto che se ne conoscono cinque isotopi instabili. Questo metallo industriale è di colore bianco-argenteo e può essere tagliato e fuso in maniera piuttosto agevole. La sua ossidazione, inoltre, avviene in modo istantaneo a causa dell’esposizione all’aria, mentre non bisogna dimenticare la reazione violenta che si ha con l’acqua, visto che poi si dà origine a idrossido di sodio e idrogeno. Proprio per queste ragioni, esso deve essere conservato sotto petrolio.
Macchinari industriali: il solfonatore
Il solfonatore è la macchina industriale che viene sfruttata, come suggerisce il nome stesso, per la solfonazione dei composti organici: in genere, si tratta di una robusta caldaia chiusa, realizzata in ghisa, di capacità variabile dai 450 ai 12mila litri, munita di un robusto agitatore e di una camicia per il riscaldamento (ad acqua calda o a vapore) e il raffreddamento. Il coperchio di questo apparecchio porta l’apertura di carico e una guaina in metallo per il termometro, mentre il fondo presenta l’apertura di scarico. Di solito, inoltre, al solfonatore è unito un refrigerante. Ma che cosa è esattamente la solfonazione? Quest’ultima non è altro che l’introduzione di uno o più residui solfonici nelle molecole organiche.
Chimica industriale: i saturatori Fauser e Fassbender
Col termine saturatore si indicano di solito gli apparecchi che sono atti a produrre saturazione, sia in ambiente aeriforme che liquido: la saturazione a livello industriale si realizza quando un gas, un liquido o un solido disciolti in un solvente raggiungono la massima solubilità nel solvente stesso. Una tipologia molto sfruttata in questo senso è quella del saturatore Fauser per nitrato di ammonio. In pratica, tale apparecchio serve per la produzione di soluzioni sature di questo composto chimico. Al suo interno, infatti, sotto una pressione corrispondente a una certa colonna di liquido, avviene la reazione tra l’ammoniaca e l’acido nitrico.
A Brescia migliora il risparmio energetico industriale con Hreii
Brescia si sta dimostrando piuttosto all’avanguardia per quel che riguarda il risparmio energetico da ottenere dal punto di vista industriale: il capoluogo lombardo ha dato il via a un progetto molto importante in questo senso, con un obiettivo senz’altro nobile e utile, vale a dire il recupero dell’energia direttamente dal calore di scarto che si conserva di solito nei forni industriali (gli esempi di stabilimenti in cui questo fenomeno si verifica più spesso sono quelli dei cementifici, dei vetrifici, ma anche delle acciaierie con i loro altiforni). Hreii, questo il nome ufficiale del programma che si sta approntando, beneficia di alcune collaborazioni importanti.
Industria tessile: la fase di apprettatura
L’apprettatura è una delle operazioni principali che fanno capo all’industria tessile. In effetti, essa consiste essenzialmente nel trattamento dei tessuti: l’obiettivo che si intende perseguire in questo senso è il miglioramento dell’aspetto estetico (il tipico esempio è quello della lucentezza), o di altre particolari caratteristiche come l’impermeabilità. Le sostanze che sono usate e sfruttate a questo specifico scopo prendono il nome di “appretti”. Si tratta di sostanze naturali, in primis l’amido, le colle vegetali e la cera, ma anche sintetiche (acetati, resine acriliche, esteri di cellulosa e molte altre con le medesime caratteristiche). La fase industriale in questione precede quella di imprimitura, vale a dire quella che consente alla superficie del tessuto di divenire adatta per essere dipinta.
Industria chimica: come si ottiene l’enocianina
Quando si parla di enocianina, si fa riferimento a quella sostanza colorante che è contenuta nell’uva nera. In effetti, essa tende a passare nel vino, in cui è contenuta sino a una quota massima dell’1%. L’enocianina, inoltre, fa parte del gruppo degli antociani: tra le caratteristiche principali bisogna menzionare senza dubbio il tipico colore azzurro scuro, oltre al fatto che questa stessa sostanza si separa dal vino attraverso la precipitazione con acetato basico di piombo. L’utilizzo più classico è quello relativo alla colorazione dei vini chiari, dunque l’industria maggiormente coinvolte in questo senso non è solamente quella chimica, ma anche quella enologica.
La produzione industriale delle acquaviti
Le acqueviti sono tutte quelle bevande alcoliche che si possono ricavare attraverso la distillazione dai mosti fermentati di frutta o di cereali, senza dimenticare ovviamente il vino e le vinacce. A seconda della materia prima che si va a sfruttare, i nomi dei prodotti finali sono differenti. Quali sono le tipologie più conosciute e famose? Anzitutto, si può cominciare a parlare dell’arak: quest’ultima è la tipica acquavite di riso, nonostante in alcuni casi venga preparata da altri prodotti sottoposti a fermentazione. La produzione industriale maggiore è quella che si registra nei paesi asiatici, in primis in Cina, in Giappone e nello Sri Lanka. Il brandy, invece, è la classica acquavite di vino, con il nome in questione che è stato imposto da una convenzione internazionale.
Industria navale: come si realizza una cubia
Nell’ambito dell’industria navale, la cubia viene realizzata e modellata per la sistemazione dell’ancora in coperta: nelle imbarcazioni che presentano questa caratteristica, infatti, tale denominazione indica il tubo in ghisa o in acciaio fuso entro cui si è soliti far scorrere il cavo o la catena dell’ancora stessa. La cubia, per l’appunto, è leggermente inclinata verso il basso e verso l’esterno e presenta delle caratteristiche ben precise. Anzitutto, essa va dal ponte scoperto di prora fino fuori bordo, più precisamente sulla murata prodiera. Il foro di uscita (quello che in genere viene indicato come l’”occhio di cubia”) è un robusto anello, realizzato anch’esso in metallo per quel che concerne le navi metalliche, ma può anche essere in legno quando si devono costruire dei piccoli velieri e dei pescherecci.