La storia industriale del manganese

Il manganese è il metallo che appartiene al primo periodo della categoria di transizione del sistema periodico: la loro collocazione è compresa tra il ferro e il cromo. L’identificazione come elemento fu per opera del grande chimico svedese Carl Wilhelm Scheele, il quale nel 1774 durante alcuni suoi studi analitici sulla pirolusite (un minerale composto fondamentale da biossido di manganese) e fu isolato nello stesso anno da un suo assistente, Gahn. L’importanza commerciale dell’elemento è legata al processo di conversione in acciaio della ghisa, nei convertitori Bessemer. Nel 1856, invece, fu scoperto che attraverso delle controllate aggiunte di manganese alla ghisa poteva essere regolato il processo di deossidazione e il contenuto di zolfo dell’acciaio finale.

Le più comuni tipologie di martinetti

I martinetti sono i più tipici strumenti meccanici di sollevamento, i quali hanno il compito di sviluppare delle forze notevoli, anche se con corsa limitata: vi sono, tra l’altro, dei nomi alternativi per definirli, come ad esempio “martinelli”, “binde” e “cricchi”. Il classico impiego è quello che prevede il sollevamento appunto di grandi carichi a piccola altezza. Le tipologie maggiormente diffuse sono tre, vale a dire il martinetto a vite, quello ad asta dentata e quello idraulico. Il martinetto a vite è costituito di solito da una madrevite con poche spire di acciaio oppure di bronzo, portata da un basamento. Una vite viene collocata nella madrevite stessa e può essere fatta ruotare mediante un’asta azionata in modo manuale.

Macchinari idraulici: le casse d’aria

Nelle pompe idrauliche a stantuffo, la cassa d’aria serve solitamente a regolarizzare il moto dell’acqua nei condotti. In effetti, in questo tipo di macchinari, l’acqua tende a muoversi con una velocità uguale o proporzionale a quella dello stantuffo stesso; visto che il moto di quest’ultimo è piuttosto vario, ne risulta che l’acqua può essere soggetta a delle improvvise accelerazioni e a forze di inerzia che possono creare delle sovrapressioni o delle depressioni eccessive, con l’eventuale interruzione della vena fluida e il suo successivo ricongiungimento con tanto di urto (si parla in questi casi del cosiddetto “colpo d’ariete”). Per evitare, o almeno attenuare questi pericolosi effetti dell’inerzia delle masse liquide si ricorre alle casse d’aria, le quali sono appunto dei serbatoi, in parte pieni di aria, disposti prima della valvola di ingresso e dopo quella di uscita della pompa idraulica vera e propria.

L’utilizzo industriale del cellophane

Praticamente lo utilizziamo tutti i giorni, è uno dei migliori “alleati” della conservazione del cibo: il riferimento non può che andare al cellophane, il materiale plastico che non è altro che uno dei principali prodotti della chimica industriale. In effetti, esso è costituito da una cellulosa che viene ricavata andando a decomporre la viscosa, vale a dire la soluzione di xantogenato di sodio-cellulosa. L’invenzione risale al 1908 ed è opera di un ingegnere svizzero, Jacques Edwin Brandenberger (il nome è semplicemente l’unione tra le parole cellulosa e diaphane). La preparazione tipica del cellophane prevede che si eserciti una certa pressione su una soluzione densa di viscosa appunto, il tutto attraverso un taglio molto stretto, di larghezza fino a un metro e anche oltre; questa procedura viene eseguita in modo da ottenere un foglio che, dopo essere stato guidato da opportuni cilindri conduttori, subisce una decomposizione importante in un bagno contenente acido solforico e bisolfato sodico.

Macchine agricole: le cavatuberi

L’industria agricola viene sicuramente a caratterizzarsi per le sue numerose macchine, ma una delle più interessanti è la cosiddetta cavatuberi: in pratica, tale macchinario è progettato per poi essere utilizzato al momento della raccolta del prodotto di piante di cui si utilizza la radice (appunto il tubero, da cui poi deriva il nome così particolare). In genere, essa viene impiegata per la raccolta delle patate, ma non viene disdegnata anche per altri prodotti della terra, dunque le funzionalità sono molto utili da questo punto di vista. Se si mettono da parte i vecchi aratri che erano particolarmente adatti all’operazione specifica a cui si sta facendo riferimento, bisogna precisare che le cavatuberi sono molto gettonate soprattutto per la loro semplicità di utilizzo, in quanto i tuberi sono raccolti dalla terra per poi essere deposti in fila parallela all’avanzamento del macchinario stesso.

Materie prime industriali: i carboni attivi

I carboni attivi sono una delle principali tipologie di questo combustibile fossile, dunque molto importanti a livello industriale: essi possono essere di origine animale oppure vegetale e servono, in particolare, per assorbire gas o vapori, senza dimenticare il loro ruolo come agenti decoloranti di liquidi. I carboni attivi animali prendono anche il nome di “carbone di ossa o di sangue”, visto che se ne ricorda in questo modo la loro provenienza. Si possono ottenere attraverso la distillazione secca di ossa o residui animali vari; spesso, poi, sono trattati con l’acido cloridrico per allontanare i sali di calcio che provengono dalle ossa stesse e che potrebbero nuocere agli impieghi successivi.

Macchinari agricoli: i caricaforaggio

I caricaforaggio sono macchinari agricoli dalle caratteristiche particolari ma molto efficienti. si tratta dei mezzi che vengono sfruttati nel settore primario per raccogliere e caricare su un rimorchio trainato da una trattrice agricola, del foraggio che è appena stato falciato e disposto sul campo. Il nome alternativo con cui sono conosciute queste macchine è quello di “caricafieno”, il concetto è sempre lo stesso. Tale mezzo è costituito in pratica da un telaio su due o più ruote pneumatiche, portante gli organi raccoglitori, l’apparato di sollevamento, gli organi di regolazione e comando, nonché quelli di attacco alla trattrice stessa. Il caricafieno in lavoro può precedere, seguire o anche essere affiancato al rimorchio che deve essere caricato.

La produzione industriale della caseina

La caseina è la principale proteina del latte, nel quale è contenuta in quantità variabile a seconda della natura dello stesso: come ci ha ormai insegnato la chimica industriale, la percentuale può essere compresa tra il 2 e il 4,5% nel latte di vacca, pari al 4% nel latte di pecora, al 2,8% nel latte di capra e allo 0,8% in quello di donna. La caseina si trova allo stato di sale di calcio associato a piccole quantità di fosfato di calcio. La composizione elementare, invece, è la seguente: carbonio in larga misura, seguito a ruota da ossigeno, azoto, idrogeno, calcio, fosforo e zolfo. Tale prodotto viene ottenuto dal latte magro per precipitazione a 55-60 gradi, con acido cloridrico, solforico, acetico o lattico.

Archeologia industriale: a Rieti una stimolante mostra fotografica

I paesaggi dell’archeologia industriale sono al centro della mostra fotografica che è possibile ammirare a Rieti fino al prossimo 28 gennaio presso lo Studio 7 dello Spazio Arte Contemporanea: si tratta di un evento che beneficia degli splendidi scatti di Filippo Maria Gianfelice, e il nome non poteva che essere “Paesaggi industriali”, già di per sé molto evocativo. Di cosa si tratta esattamente? Il progetto di Gianfelice è focalizzato su una serie di fotografie in bianco e nero che raffigurano vari impianti e stabilimenti industriali che non sono usati da tempo o che sono stati lasciati all’abbandono più totale, una prospettiva di sicuro fascino.

Industria del caffè: il processo di torrefazione

Quando si parla di torrefazione a livello industriale ci si riferisce di solito al processo con cui si arrostiscono i materiali: in pratica, una determinata sostanza viene sottoposta a temperatura piuttosto alte, così che si possa ottenere una adeguata disidratazione, la successiva ossidazione e anche una parziale carbonizzazione. I gradi di torrefazione sono diversi, così come anche i risultati possibili. L’industria del caffè è quella maggiormente coinvolto in tal senso; tale operazione, definita anche come “tostatura”, prevede che i semi vengano sottoposti all’azione del calore per renderli atti al consumo finale.