La piadina industriale non merita l’Igp

È un vero e proprio vanto, e non solo in ambito alimentare, della Romagna: si sta parlando della piadina, il tipico prodotto farinaceo di questa parte d’Italia. Ebbene, c’è una presa di posizione importante sul suo conto. In effetti, come ha fatto sapere l’organizzazione Slow Food Emilia Romagna insieme alla Confesercenti delle città di Cesena, Ravenna e Forlì, la piadina industriale non merita assolutamente il riconoscimento del marchio Igp. Quest’ultima sigla, come è noto, sta a indicare l’Indicazione Geografica Protetta, la quale viene assegnata dall’Unione Europea ai prodotti che hanno una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica che dipendono dall’origine geografica.

Industria alimentare: il processo Appert

Il processo industriale Appert consiste nella sterilizzazione di sostanze alimentari per poterle poi conservare in degli appositi recipienti a tenuta stagna. Si tratta appunto di un processo che usava in passato dei mezzi piuttosto rudimentali, come ad esempio vasi di vetro e autoclavi. Il procedimento in questione, inoltre, presentava dei problemi e degli inconvenienti seri, dato che le stesse autoclavi a cui si è appena fatto riferimento non erano provviste di dispositivi di sicurezza, con tutte le conseguenze del caso.

Un 2012 negativo per il pomodoro da industria

Il 2012 è stato un anno a dir poco negativo per i lavorati del pomodoro del nostro paese. Questa produzione alimentare, infatti, ha risentito in maniera evidente della siccità e del crollo dei consumi, un mix micidiale di fattori. Gli 8,1 punti percentuali persi nel giro di un anno sono una testimonianza tangibile di quanto avvenuto, numeri messi in luce dal Distretto del Pomodoro da Industria Nord Italia. Questo specifico distretto è stato infatti interessato lo scorso anno da ventitré aziende operative (cinque cooperative per la precisione) e da ventotto stabilimenti di trasformazione.

I nuovi divieti imposti dal Perù alla pesca industriale

Niente più pesca industriale nelle acque territoriali: l’intervento del Perù è stato a dir poco deciso nel disciplinare questa attività, visto che l’obiettivo è quello di rendere possibile la riproduzione di diverse specie di pesci che ormai sono a serio rischio. In effetti, lo sfruttamento di tale pratica è eccessivo nel paese andino, in particolar modo per quel che concerne le acciughe. Che cosa significa il divieto in questione nello specifico? Tutte le imbarcazioni di dimensioni maggiori che sono attive in territorio peruviano non avranno più la possibilità di pescare fino a una distanza di dieci miglia dalle coste settentrionali, mentre le miglia scendono a sette per quelle meridionali.

Industria alimentare: la lavorazione del cacao

In genere, la composizione dei semi di cacao decorticati è composta da diversi elementi. Si tratta, anzitutto, dell’acqua (fino al 10%), delle sostanze azotate, quelle grasse, amido e zuccheri, tannino, il rosso di cacao (una speciale sostanza colorante che si forma di solito nei semi più maturi), cellulosa, ceneri, teobromina e caffeina. Anche all’interno dei gusci si trova una composizione altrettanto variegata. Tra l’altro, nelle ceneri di cacao si trova una quantità molto piccola di rame, il quale rappresenta circa lo 0,002% dei semi decorticati e lo 0,02% dei gusci. Come viene effettuata la lavorazione industriale del prodotto?

Le fasi industriali della lavorazione degli oli di semi

Gli oleifici intesi come stabilimenti industriali per l’estrazione e la raffinazione dell’olio di semi (mettendo dunque da parte quelli che hanno a che fare con l’olio d’oliva) beneficiano di un diagramma di lavorazione ben preciso. Cerchiamo dunque di capire quali sono le fasi più importanti che poi conducono al prodotto finale. Anzitutto, si comincia con la decorticazione, la quale è una operazione eventuale e che viene posta in essere in delle apposite macchine a cilindri. Si prosegue poi con la vagliatura e la pulitura dei semi.

Industria alimentare: la produzione delle margarine

Nell’ambito dell’industria alimentare, la margarina è quella miscela che si ottiene dai grassi animali vegetali (i tipici esempi sono quelli dell’olio di arachidi o di sesamo) e dal latte: in alcuni casi ci può essere perfino l’aggiunta del giallo d’uovo o di sostanze coloranti di tipo artificiale. L’impasto in questione viene realizzato in delle caldaie che sono munite di appositi agitatori. La miscela fluida, una volta lavata con l’acqua fredda, viene posta in dei recipienti forati, in modo da eliminare la parte liquida e ottenere una pasta piuttosto omogenea che viene pressata in degli stampi a forma di pani.

Industria alimentare: la produzione dell’aceto

Nell’ambito dell’industria alimentare, l’aceto è il prodotto della fermentazione acetica di liquidi debolmente alcoolici, provocata da speciali microrganismi (i cosiddetti Mycoderma Aceti per la precisione). Come materie prime per la fabbricazione dell’aceto vengono usati il vino, la birra, il sidro, lo spirito diluito, le soluzioni di malto o di glucosio, la melassa e il latticello. Il procedimento industriale in questione consiste essenzialmente nel sottoporre queste sostanze a una fermentazione alcolica e nell’aggiungervi poi solfato di ammonio o fosfati alcalini: l’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo dei già citati microrganismi.

L’industria alimentare contro il Decreto Cresci Italia

C’è un articolo del cosiddetto “Decreto Cresci Italia” (il Decreto 1 del 2012 per la precisione, poi convertito con una successiva legge) che non piace affatto all’industria alimentare: si tratta, nello specifico, dell’articolo 62, vale a dire quello che è dedicato alla disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari. In pratica, il governo è intervenuto su tre livelli diversi: si tratta dell’obbligo di forma scritta, del divieto di pratiche commerciali sleali e dei termini di pagamento, al fine di rendere più equilibrati i rapporti nella filiera agroalimentare, aumentando allo stesso tempo la trasparenza e la correttezza per quel che concerne i comportamenti.

L’indagine Ismea sulla fiducia nell’industria alimentare italiana

Il 2012 è e continua ad essere un anno decisamente difficile per l’industria alimentare del nostro paese: una ulteriore conferma, anche se non ce n’era bisogno, è giunta dall’analisi condotta dall’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), il quale ha messo in luce un terzo trimestre (il periodo compreso tra gli scorsi mesi di luglio e settembre) piuttosto complicato. La congiuntura è apparsa comunque in miglioramento rispetto agli altri trimestri, ma il clima di fiducia stenta ad affermarsi completamente. L’indagine in questione, infatti, si è concentrata su un campione composto da 1.200 operatori appartenenti al settore industriale a cui si sta facendo riferimento. Le preoccupazioni più forti sono destate soprattutto dagli ordini, peggiorati in maniera decisa rispetto allo stesso periodo del 2011.